Letteratura Italiana

Storia della letteratura italiana



Il percorso inizia con il ‘500. Il Rinascimento parte da circa la metà del 300.
Dalla seconda metà del ‘500 il Rinascimento entra in crisi. Il Rinascimento è una grande rinascita dopo la cultura classica (greca). Il tema centrale del Rinascimento è la centralità dell’uomo, rispetto al Medio Evo dove la centralità era Dio , nel Rinascimento c’è la volontà dell’uomo di affermarsi: separare ciò che è umano dal divino.
Nella seconda metà del Cinquecento le cose cambiano e l’elemento che caratterizza questo periodo è la Riforma Protestante e la Controriforma. Per la Controriforma, fondamentale fu il Concilio di Trento (1545-1563) dove le massime autorità della Chiesa si adoperarono per arginare il pericolo Protestante infatti la Chiesa non poteva perdere il controllo degli Stati Cattolici.
La Chiesa era spaventata anche dalla rivoluzione scientifica. Nel periodo del Rinascimento vi fu un grande proliferare di scienziati che venivano sprezzatamene chiamati maghi. Gli scienziati incominciarono a mettere in crisi le certezze assolute della Chiesa (i dogmi), sulle quali aveva costruito il proprio potere.
Se il Rinascimento è stato un periodo di grande entusiasmo e attività, il Seicento con la Controriforma è stato un periodo oscurantista religioso di stampo medioevale, dove alla centralità dell’uomo torna ad essere posto al centro Dio.  L’uomo però è più colto e fatica ad accettare questa situazione di tipo Medioevale: le conquiste rinascimentali sono ormai consolidate.
Nel Seicento ci fu un esempio che fu usato strumentalmente dalla Chiesa per mantenere questo clima di paura e superstizione: la peste. “DIO PUNISCE L’ARROGANZA DELL’UOMO”.
Il rigore della Controriforma ebbe più vigore negli stati cattolici d’Europa. Vittime illustri di questa epoca furono:  Tommaso Campanella, Giordano Bruno, Galileo Galilei. La Santa Inquisizione fu uno strumento di controllo ideato dal Concilio di Trento per effettuare controlli terribili e capillari da parte della Chiesa per combattere l’eresia. Coloro che venivano sospettati di eresia subivano processi accompagnati da torture di ogni tipo e nella peggiore delle ipotesi il risultato finale era il rogo che veniva visto come una forma di espiazione dei peccati.
Keplero, Copernico, Galilei, dimostrarono la teoria ELIOCENTRICA ossia il Sole era al centro dell’Universo, in contrapposizione alla teoria GEOCENTRICA dove al centro dell’Universo veniva posta la Terra come affermato dalla Bibbia. La Chiesa aveva preso come filosofo di riferimento Aristotele che aveva una identica visione dell’Universo.
Tommaso Campanella, nella sua opera “La città del Sole” divulgava la teoria Eliocentrica e lo stesso titolo dell’opera era un messaggio subliminale a favore di questa teoria. Tommaso  Campanella ipotizzava la rivoluzione contro la dominazione spagnola di modello Comunista Platonico che è molto diverso dall’ideologia marxista .
Giordano Bruno, la cui opera più famosa è “I dialoghi italiani”, scrisse in tono molto ironico, sarcastico e provocatorio aderendo alla teoria Eliocentrica. Mise in ridicolo la Chiesa Cattolica che definì “Bestia trionfante” e “ Santa asinità” . Venne bruciato vivo a Roma nel 1600 a Campo dei Fiori.
Galileo Galilei fu processato più volte fino alla famosa abiura. Oltre alla Santa Inquisizione l’altro strumento usato dalla Controriforma per censurare le teorie scomode, fu  l’indice dei libri , un elenco di opere di cui veniva vietata e perseguita la diffusione.





Torquato Tasso
Torquato Tasso nacque a Sorrento  nel 1544 e morì a Roma nel 1595. Tasso riflettè quel periodo molto controverso della seconda metà del ‘500. E’ la figura della letteratura italiana più tormentata: fu un genio male detto.
Il padre era bergamasco e la madre sorrentina. Il padre, uomo molto colto e raffinato, lavorava per la corte di Napoli e per vicende politiche venne accusato di sobillare una rivolta contro il re. Dovette lasciare il Regno di Napoli e si portò con se il figlio Torquato strappandola alla figura materna. Ne seguì un perenne peregrinare per l’Italia mentre Torquato compie gli studi con una vera passione per la storia e la filosofia. All’età di 12 anni Torquato venne a sapere della morte della madre   causandogli, questo fatto, un altro trauma. Successivamente muore anche il padre.
Nel 1565 finalmente si prospetta nella vita del Tasso un periodo di relativa tranquillità: approda alla corte ferrarese degli Estensi e vi rimane fino al 1576, è il periodo in cui scrisse le sue opere migliori Aminta e Gerusalemme liberata. Purtroppo questo periodo dura poco, Tasso incomincia a dare segni di squilibrio mentale che si manifestano in più modi: mette in discussione se stesso e pensa di avere scritto un’opera peccaminosa denunciandosi alla Santa Inquisizione che viceversa lo assolse, cerca di aggredire personaggi della corte. A seguito di questi episodi, viene cacciato dalla corte Ferrarese e Tasso si recò a Sorrento dalla sorella ma dopo poco tempo tornò a girovagare per l’Italia.
Negli ultimi anni si ritirò in convento dove morì nel 1595. negli ultimi anni della sua vita scrisse la: Gerusalemme conquistata.

Le opere principali

Aminta

E’ un dramma pastorale, i protagonisti sono due bambini pastori, Aminta e Silvia. E’ un opera che Tasso scrisse per la corte Estense. Il tema fondamentale è l’amore non corrisposto di Aminta per Silvia, un amore che si manifesta ad Aminta all’improvviso nei confronti della sua amica d’infanzia Silvia. Aminta ne rimane travolto. Per Tasso l’amore è sconvolgimento.
Ad un certo punto Aminta imbroglia Silvia, gli tende un tranello: finge di essere punto sulle labbra da un ape sapendo che la tradizione narra che se un ape ti punge, basta appoggiare le labbra sulla puntura ed il dolore cessa.
Fanno da contorno alla vicenda alcuni personaggi del bosco. Grazie a uno di questi Silvia capisce che Aminta la sta imbrogliando e lo cancella dalla sua vita.. Conseguenza: Aminta sta malissimo consapevole che il suo comportamento ha fatto male a Silvia ed allora decide di uccidersi.
Una considerazione importantissima è che per il Tasso l’amore e la morte vanno a braccetto, sono due estremi che si toccano.
Aminta si sta  suicidando quando Silvia lo ferma dal suo gesto insano e scopre l’amore per lui.
Il lieto fine è quasi una forzatura perché il dramma era stato scritto per la corte degli Estensi ed un lieto fine catturava maggiori consensi all’opera.

Gerusalemme liberata

Può essere considerato il capolavoro del Tasso; è un poema in versi scritto nella seconda metà del ‘500. L’autore propone, in questa opera, l’argomento della prima crociata. Il genere non è nuovo: è un filone già trattato in precedenza dal Boiardo e dall’Ariosto.
La Gerusalemme liberata è un poema in versi cavalleresco, epico, religioso e storico. Storico perché il Tasso è rigorosamente fedele ai fatti realmente accaduti, fatti storici e religiosi perché trattano della prima crociata. Nella Gerusalemme liberata, a differenza dell’Orlando furioso, ogni singolo personaggio viene approfondito psicologicamente, viene scavato fino in fondo.
Una delle caratteristiche del Tasso è di identificarsi in uno dei personaggi delle sue opere e nel caso della Gerusalemme liberata è Tancredi.
Ci sono poi nell’opera elementi magici che hanno a che fare con la magia bianca cioè quella positiva, il bene: ha una forte valenza religiosa.
L’opera si sviluppa su due piani paralleli: un piano oggettivo ed un piano soggettivo. L’Orlando furioso dell’Ariosto si sviluppa invece in modo circolare.
Il piano oggettivo è rappresentato dai fatti storici, nello specifico la crociata. Il piano soggettivo è l’aspetto psicologico di ogni singolo personaggio.
Nella Gerusalemme liberata c’è l’elemento del mecenatismo: è dedicata al Duca Alfonso II D’Este.

I personaggi.

Goffredo di Buglione: comandante dei soldati crociati, ripreso da una precedente piccola opera intitolata: Goffredo. Rappresenta anche un capo spirituale in quanto sente il suo ruolo come il comandante dell’esercito di Dio. Nel proemio (introduzione) si vede questo personaggio con tutta la sua carica religiosa quando chiama a raccolta i suoi cavalieri e fa loro un lungo discorso in cui cerca di toccare i sentimenti più nobili. Ad essi rimprovera di aver quasi rimosso il significato di essere un soldato crociato, portatore di fede. Si erano infatti fatti abbagliare dall’ansia di conquista, di vittoria, di prestigio.
Rinaldo: è un famoso cavaliere, è il cavaliere che molto spesso perde di vista l’aspetto religioso e si fa travolgere dall’aspetto terreno con la bramosia di conquiste. Rinaldo gode delle attenzioni di una figura un po’ particolare che è Armida, una maga che usa i suoi poteri per sedurre è una incantatrice che riesce a intrappolare Rinaldo nel suo giardino magico che è colto da una sorta di incantesimo e dimentica tutti i suoi doveri. Successivamente con l’intervento divino Rinaldo viene strappato dal luogo della perdizione e ritorna ad essere quel cavaliere valoroso di cui i cristiani hanno bisogno. Armida, innamorata di Rinaldo, si converte ed abbandona la magia.
Tancredi: è un cavaliere che  vive in tutta la sua esistenza profonde lacerazioni; il suo rapporto con Dio è spesso conflittuale, si pone delle domande e ne resta disorientato: è un grande travaglio spirituale. Tancredi è innamorato di Clorinda ma il suo amore non è corrisposto perché Clorinda è un’amazzone saracena. Tancredi è lacerato anche perché Clorinda rappresenta il male, il nemico di Dio. Dopo un estenuante duello Tancredi uccide un cavaliere saraceno senza sapere che si tratta della sua amata. Questa in punto di morte chiede di essere battezzata, così Clorinda vive la vita ultraterrena dei giusti mentre Tancredi ha la morte nell’anima. 
Erminia: è una figura contrapposta a quella di Clorinda, è una principessa mussulmana e incarna la femminilità da un punto di vista più dolce e materno, meno passionale, odia la guerra e la morte che la guerra porta con se; è un animo dolce e sensibile ed è innamorata di Tancredi di un amore ovviamente non corrisposto. Durante un duello con Argante, capo guerriero mussulmano, Tancredi viene ferito gravemente. Erminia lo soccorre e con le sue amorose cure lo salva, Tancredi a questo punto è pronto a ricambiare l’amore di Erminia. 
Solimano è l’alter ego di Goffredo di Buglione, è una figura che viene descritta come un uomo di grande dignità, come leader politico e spirituale di grande lealtà che anche quando si accorgerà che tutto è perduto sceglierà di restare a fianco dei suoi soldati e morirà con loro. 

L’opera termina con la vittoria dei crociati sui saraceni, ed i cavalieri cristiani si raccolgono in preghiera sul Sacro Sepolcro.
Nella Gerusalemme liberata, Tasso ripristina le tre unità aristoteliche : tempo, luogo, spazio.
Il poema è composto da 20 canti di ottave in versi endecasillabi.




Il Barocco

Il Barocco fu un movimento artistico letterario che si affermò in Europa nel ‘600 anche se originariamente  questo movimento si affermò partendo dal mondo artistico.
Fu una vera e propria reazione al classicismo. Il termine Barocco è un termine arabeggiante, molti ritengono che questo termine derivasse dalla forma irregolare di una pietra esotica. Ben presto questo termine diventò sinonimo di un discorso astruso, ostico, articolato.
Il Barocco ebbe anche la fama di essere un movimento un po’ artificiale in autentico, in quanto spesse volte più interessato alla forma che al contenuto. Di fatto il Barocco ebbe come scopo fondamentale ottenere nel pubblico la meraviglia, o il meraviglioso ossia doveva stupire a tutti i costi. Il potere appoggiò il Barocco proprio perché non aveva contenuti e non era quindi fonte di problemi.
La differenza tra Classico e Barocco.
  • Classico: equilibrio, chiarezza, semplicità, rigore.
  • Barocco: ricercato, poco accessibile, astruso, bizzarro
La forma barocca in letteratura la si ottiene in diversi modi: da un punto di vista formale con metafore, simboli, paradossi e dal punto di vista del contenuto con oggetti che colpiscono l’attenzione del pubblico.
Il linguaggio metaforico simbolico è un linguaggio irrazionale. Il Barocco non fu un movimento omogeneo: in alcune parti d’Europa il Barocco ha saputo darci alcuni dei più grandi scrittori di tutti i tempi come Shakespeare, Cervantes, Calderon de la Barca, in pittura Caravaggio.
La forma barocca è molto cerebrale. Se usata bene è molto interessante se usata male è scadentissima e priva di alcuna sostanza.
In Italia il Barocco è molto scadente e quanto di più finto possa esserci. Fu caratterizzato da Gianbattista Marino.
Il Marino divenne l’emblema della cultura ufficiale dell’epoca . Divenne così autorevole che fece scuola; nacque da ciò il marinismo. Marino si specializzò in poemi prediligendo storie mitologiche un po’ modernizzate e si mise in evidenza per essere un gran virtuoso.
La sua opera più importante fu l’ Adone, una storia d’amore mitologica che Venere nutre per questo giovane chiamato Adone. Ben presto però Adone morirà vittima della gelosia di Marte.
Non si può dire che non si sia stato un tentativo di esprimere il Barocco in forma vera e alta ma il virtuosismo di pochi fu soffocato dalla massa. Una forma di alta espressione barocca fu la letteratura d’ opposizione, che era in disaccordo con il marinismo e veniva vessata dalla censura. La letteratura d’opposizione si schierò contro il marinismo quale degenerazione del Barocco.
La singolarità di questo movimento era data dal fatto che gli esponenti di questa tendenza furono soprattutto filosofi che scelsero di scrivere i loro testi utilizzando una prosa letteraria. I filosofi di riferimento furono i già citati T. Campanella, G.Bruno, G.Galilei.
Il primo paradosso, dopo una grande fioritura letteraria del ‘200 con Dante, Petrarca, Boccaccio ecc. fu questa decadenza marinista.
Il secondo paradosso fu che in Italia esistevano testi di alto barocco, furono però come già detto, testi scritti da scienziati, da filosofi come Campanella, Bruno, Galilei.
Giordano Bruno aveva una visione panteista  (pan = tutto) , il tutto è l’insieme di parti: la visione panteista è quella che dice che Dio non è sopra tutto ma è in tutto. DEUS INSITA OMNIBUS

Galileo Galilei
Nacque a Pisa nel 1564, compì gli studi iniziali scientifici a Padova, diventò un grande scienziato molto presto ed inizialmente ebbe la protezione della Chiesa. Anche Galilei come Giordano Bruno non era ateo, ma anche Galilei aveva una visione panteistica , vedeva la presenza di Dio in tutto l’Universo.
I problemi iniziarono quando Galilei mise mano al sistema Tolemaico-Aristotelico, ossia alla teoria geocentrista. Mise  mano agli studi di Keplero e Copernico ed unì all’osservazione empirica lo strumento fondamentale della matematica. Nel 1609 fra l’altro mise a punto uno strumento già esistente: il telescopio che egli modificò ed utilizzò per studiare l’universo.
I testi di G. Galilei  hanno, in primis, un grande valore scientifico ma hanno anche un grande valore letterario e sono in stile barocco. Galilei aveva una grande ammirazione per l’Ariosto, non tanto da un punto di vista contenutistico ma da un punto di vista formale. Ammirò sempre la sua chiarezza espressiva: Galilei è il fondatore del metodom scientifico e con lui inizia la scienza moderna.
Nel 1589 Galileo ottenne la cattedra di matematico presso l’università di Pisa, in seguito si trasferì a Padova dove ebbe la possibilità di ampliare le sue ricerche e nel 1610 rientrò a Pisa. Da quell’anno in poi Galileo cominciò ad esternare la sua convinzione che Keplero e Copernico avessero ragione circa la teoria eliocentrica, ripudiando così la teoria di Aristotele.
Sconfessando la teoria aristotelica Galileo ribadiva che la scienza doveva essere libera, nell’interesse della collettività, doveva essere separata dalla religione, nell’interesse di entrambe.
Nel 1616 scattò la denuncia della Santa Inquisizione, dopo ripetute ammonizioni; convocato dal Santo Uffizio, le teorie di Galilei vennero dichiarate eretiche. I vari processi a Galileo durarono per 16 anni, fino al 1632; Galileo a questo punto decise di abiurare le proprie teorie salvandosi così dal rogo. Venne inviato in una sorta di isolamento e morì nel 1642 circondato da pochi discepoli  e uno di questi fu il Torricelli.

Le opere principali di Galileo Galilei

La grandezza di Galileo Galilei stava nel aver saputo raccontare al mondo le sue grandi intuizioni, attraverso una prosa letteraria accessibile a tutti. La sua prima opera letteraria fu Siderus Nuncius il cui contenuto verteva sui satelliti di Giove e sulle macchie solari.
Un’ opera molto importante fu Il Saggiatore dove combatte contro il dogmatismo della scienza: non ci si può appellare al principio d’autorità della scienza che deve essere un sapere laico. Successivamente scrisse le Lettere copernicane. Galileo con il suo linguaggio pedagogico dimostrò che tra scienza e religione non esiste contraddizione  e quelle che potevano sembrare tali lo erano solo in apparenza; disse che quando un uomo guarda il mondo, guarda il grande libro della Natura . Come tutti i libri anche questo utilizza un suo specifico linguaggio. Esiste anche un altro grande libro : La Bibbia ed anche questo ha un suo proprio linguaggio. In sostanza la Bibbia e la natura dicono le stesse cose ma con modi diversi ed è per questo che possono sorgere malintesi. Hanno due caratteristiche strutturale differenti : La Bibbia ha un linguaggio storico; il linguaggio della natura invece è un linguaggio matematico ossia oggettivo.
L’opera capolavoro di Galileo è: Il dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo. In quest’opera  egli sostiene la teoria copernicana; inoltre sceglie per diffondere questa teoria, una forma che è la più chiara e semplice possibile: il dialogo, questo perché tutti possano comprenderlo: di conseguenza ci sono dei personaggi : Simplicio, portavoce delle teorie aristoteliche; Salviati, che è il sostenitore della nuova visione copernicana; fra i due è frapposto Sagredo, che ha il ruolo di mediatore fra le due parti. Quest’opera è divisa in quattro parti (quattro incontri) in cui i personaggi si incontrano per parlare. Ogni giornata è dedicata a uno degli argomenti che mettono in crisi il pensiero aristotelico.

Il metodo sperimentale di Galileo

Il metodo sperimentale di Galileo è il metodo che ancora oggi utilizza la scienza. Bisogna partire dalle intuizioni empiriche, cioè dall’osservazione della realtà; poi bisogna fare un ragionamento induttivo, ovvero, partendo dal particolare, si fa un ragionamento universale, poi bisogna fare la controprova.
Questo metodo consiste quindi nell’osservazione iniziale dei fenomeni naturali, con conseguente formulazione di un’ipotesi, che rimarrà tale fino a quando non verrà provata che questa è certa, e, infine si fa un tentativo per via sperimentale di ricostruire il fenomeno osservato in natura, sottoponendolo poi a varie verifiche.
Il fenomeno si presenta complesso. Punto di partenza: per cercare di fare chiarezza, posso iniziare risolvendo il fenomeno complesso nelle parti più semplici, tanto più un fenomeno è semplice tanto più è semplice misurarlo. Poi posso fare la sintesi, cioè l’inverso, mettere insieme le parti più semplici e arrivare al complesso. Analisi vuol dire scomporre, semplificare sintesi, invece, vuol dire comporre.
Per dimostrare  la validità di una ipotesi devo sottoporla a verifica: ovvero scomporre e riproporre in laboratorio il fenomeno osservato. Per descrivere ciò che osservo in laboratorio utilizzo un linguaggio scientifico e oggettivo: quello matematico.
La verifica mi porta   s dimostrare che l’ipotesi è vera, facendola diventare così una certezza; ma mi può portare anche ad un risultato di falsità che può portare a nuove strade di indagine.

L’Arcadia

L’Arcadia fu un fenomeno letterario che si affermò in Italia negli ultimi decenni del Seicento ma si propose fino ai primi anni del Settecento.
L’Arcadia fu un movimento antibarocco e antimarinista, volle ed ottenne un ripristino del classicismo, fu un ponte verso l’illuminismo.
L’Arcadia nacque come una vera e propria scuola, come un’accademia.
Fu fondata nel 1690, l’anno successivo alla morte di Maria Cristina di Svezia che aveva rinunciato al trono e si era trasferita a Roma dove aveva dedicato la sua vita alla cultura, in particolare aveva una passione per i classici greci e latini. Maria Cristina aveva voluto condividere questa passione con tutti coloro che avessero avuto questo interesse comune. Quando morì, i suoi più fedeli amici fondarono una scuola  in memoria di quegli anni e nel 1690 fondarono l’Arcadia.
L’Arcadia era una regione mitica della Grecia antica. Il mito raccontava che gli abitanti di questo luogo vivessero una vita idilliaca, in completa sintonia tra uomo e natura.
Gli abitanti dell’Arcadia erano prevalentemente pastori che vivevano una vita pura e incantata, i quali, nelle pause si dilettavano nello stile poetico: erano pastori- poeti.
Le intenzioni di coloro che si iscrivevano all’Arcadia erano di simulare il ritorno alla natura, tutti erano “pastori” cadevano le classi sociali.
I due fondatori dell’Arcadia furono Gravina e Crescimbeni.
Il grande nemico fu “il meraviglioso” a favore di una lirica semplice, naturale, chiara. La figura che ebbe maggiore successo fu Metastasio. Fu la figura che si impose maggiormente fra la fine del ‘600 e i primi 20 o 30 anni del ‘700. La sua fama raggiunse vette molto alte. Il nome Metastasio era un nome d’arte, l’autentico nome era Pietro Trapassi; questi era stato allevato dal Gravina, fondatore dell’Arcadia il quale voleva farne il caposcuola del genere tragico in età moderna. Impose al Trapassi l’obbligo di leggere certi autori vietandone la lettura di altri come Dante e Tasso e gli impose il nome grecizzante di Metastasio.
Alla morte del Gravina, Metastasio si ribellò sia per quanto riguardava la sfera privata che sotto l’aspetto letterario; infatti Metastasio sarà il fondatore del melodramma.
Il melodramma è una tragedia recitata e cantata di contenuto poetico. Questo genere ebbe un enorme successo e la sua fama andò oltre i confini italiani e si estese in gran parte d’Europa in particolare presso i teatri d’Austria. Grosso modo i contenuti delle sue opere erano di carattere storico.
Intorno al 1730 il successo di Metastasio andò scemando e passò dalle stelle alle stalle praticamente dimenticato da tutti: in Europa si stava affermando una nuova importante corrente: l’Illuminismo.  




L’Illuminismo

Il termine illuminismo sta per lumen = luce: è la luce della ragione contrapposta all’oscurantismo del ‘600 e del Medio Evo. Il vero nemico degli illuministi era la superstizione e tutti quei poteri, istituzioni e organi che in nome di essa avevano relegato l’umanità nel buio della ragione. Il principale bersaglio degli illuministi era la Chiesa , colpevole di aver voluto mantenere gli uomini nell’ignoranza e nella superstizione per poterli controllare e sottomettere.
Gli illuministi in generale corrispondevano alla classe borghese, figure colte e atee che conoscevano la filosofia, la storia, le leggi: erano professori, dottori, avvocati, i cosiddetti philosophes.    
I primi cardini furono:
  • tutti gli uomini sono uguali per natura, ne consegue che il re non è tale per volontà divina per volontà degli uomini. Anche i nobili erano uguali al resto della popolazione, ragione per cui anch’essi dovevano pagare le tasse come i ceti più deboli; ne conseguì che venne combattuta la superstizione che nel corso dei secoli aveva sostenuto il potere dello Stato e della Chiesa. L’unica differenza la crea il merito (società meritocratica).
  • La società meritocratica deve permettere la diffusione dell’ istruzione.
  • Gli Illuministi ritenevano che l’età illuminata fosse uno spartiacque della storia: prima vi era solo il buio è perciò nulla merita di essere tenuto in considerazione.
Gli Illuministi avevano una visione progressista e ottimista: presto o tardi la ragione darà una risposta a tutto e risultati ottimali per l’uomo con il progresso e il benessere per tutti.
Gli Illuministi affermavano che, dal momento che nessuna religione è ammissibile perché è solo superstizione, l’unica che potesse essere accettata fosse il DEISMO che è una concezione filosofica dove si ritiene che Dio non sia altro che un termine col quale si indica un principio ordinatore, ciò comporta che la natura è un ordine di tipo causale :causa – effetto [ se vedo un fenomeno (effetto) risalgo alla causa].
Il fine della natura non è Dio, il Deismo è una concezione razionale, empirica, meccanicistica, materialista: se tutto ciò che esiste è di natura materiale, l’anima non esiste e si negano tutti i concetti legati all’anima.
Alcuni nomi più importanti dell’illuminismo sono: Diderot, D’Alembert, Voltaire.
Diderot e D’Alembert scrissero : l’Enciclopedia che voleva essere un compendio di tutta la conoscenza ed uno strumento di divulgazione della cultura.
·         Le idee illuministe si diffusero nei salotti della nobiltà più emancipata e progredita, nei locali pubblici dove iniziava ad essere somministrata una bevanda esotica importata dalla Compagnia delle Indie: il caffè. Iniziarono ad essere diffusi i giornali e gli Illuministi fecero una grande battaglia per la diffusione dei giornali che diventarono uno strumento privilegiato per la diffusione delle idee. Nasceva in quel periodo la figura del giornalista, impegnato socialmente con  il primario compito di denunciare.
L’Illuminismo fece anche una vera e propria battaglia contro il mecenatismo vista come una forma di condizionamento.
Significato dei termini: Liberté-Egalité-Fraternité.
Liberté ed Egalité sono facilmente intuibili.
Fraternità: fratellanza, se siamo tutti uguali siamo tutti fratelli. Se trasformiamo il mondo da realtà conservatrice ed assolutista in realtà aperta, democratica e di uguaglianza, siamo cittadini del mondo e perciò fratelli gli uni e gli altri. 
Vi è la tendenza ad identificare l’Illuminismo con la Francia, in realtà bisogna dire che l’Illuminismo nasce in Inghilterra e nei Paesi Bassi, i paesi più avanzati in Europa in quel tempo. La Francia fu il paese però dove ebbe maggior impatto, perché la borghesia francese, la nobiltà la società in genere, aveva un disperato bisogno di rinnovamento.
Altri esponenti dell’Illuminismo furono i seguenti.
John Loke inglese; scrisse:” Saggio sull’intelletto umano fu forse il vero iniziatore dell’illuminismo.
Immanuel Kant tedesco; segnò lo spartiacque con il Romanticismo.
Iniziò in quel periodo la diffusione del romanzo e due importanti romanzieri furono: J. Swift con:
I viaggi di Gulliver”e Daniel Defoe con “ Robinson Crusoe” : Swift scrisse dei viaggi di Gulliver come sinonimo  di conoscenza e tutte le avventure di Gulliver non sono altro che le prove che l’uomo deve risolvere grazie solo a se stesso , senza aiuti divini. Sono metafore che rappresentano situazioni politiche.
Robinson Crusoe è la metafora dell’uomo illuminista: c’e il mito del ritorno alla natura e del buon  selvaggio, Robinson deve ripristinare il rapporto con la natura senza leggi imposte. L’altro grande tema  è la ragione. Robinson grazie alla ragione riesce a sopravvivere anche in quella situazione ostile ed inedita.

L’Illuminismo italiano

Non fu certo inferiore a quello inglese o francese. La diffusione anche in Italia avvenne attraverso i salotti, i Caffè e i giornali. I più importanti centri dell’Illuminismo furono due: Milano e Napoli.
Cesare Beccaria nel 1764 pubblica:”Dei delitti e delle pene”. Questo libro è ancora oggi modernissimo e di grande attualità. Punto di partenza è una polemica nei confronti di ogni forma di tortura di cui la condanna a morte è la massima espressione. Egli costruì una serie di tesi contro queste pratiche, con la dimostrazione razionale e scientifica.; sono crimini contro l’umanità ma anche inefficaci per ottenere giustizia. Beccarla sostiene che  genericamente la pena di morte e la tortura sono solo pene esemplari.
La tortura è una pratica barbara e sotto tortura un individuo può ammettere o denunciare il falso.
Le teorie liberali sostengono che gli uomini nel momento in cui nascono sono uguali a tutti gli altri, ma gli uomini nascono con tre diritti inalienabili:
·         diritto alla vita,
·         diritto alla libertà;
·         diritto alla proprietà.
Cesare Beccaria afferma che colui che ha violato la legge ha infranto un patto sociale.
Lo Stato di natura è uno stato in cui si nasce senza legge e l’individuo ha tre priorità: vita/libertà/proprietà. L’individuo gode di libertà assoluta.
Lo Stato di diritto è uno stato che deve garantire: vita/libertà/proprietà ma abbattendo la legge del più forte attraverso le leggi.
La libertà sancita dalle leggi garantisce meglio il raggiungimento dei diritti inalienabili.
Beccaria dice che quando uno infrange la legge deve essere rieducato.
Torture e pena di morte non suddividono la gravità del reato commesso.
Beccaria sostiene che uno stato moderno non può praticare la legge del taglione “occhio per occhio e dente per dente” la pena di morte è una legge medievale, triviale,vendicativa. L’emotività è del singolo ma lo Stato deve essere obiettivo e giusto nel comminare la pena che ha come fine la rieducazione.
I fratelli Verri furono due figure importantissime nel mondo illuminista, fondarono l’Accademia dei pugni, che voleva essere una battaglia contro l’oscurantismo. A fianco all’Accademia dei pugni i fratelli Verri pubblicarono una rivista chiamata “Il Caffè” che prese il nome dal circolo letterario fondato dai Verri. Il “Caffè” aveva interessi eterogenei, si occupava di divulgare le idee illuministe ma anche le nuove pratiche economiche e i metodi produttivi, esigenza che nasceva dal fatto che arrivassero in Europa prodotti nuovi. Furono grandi frequentatori della corte di Maria Teresa d’Austria che influenzarono notevolmente con le loro idee illuministe.
Carlo Cattaneo. Aveva uno spirito molto moderno, guardava al futuro convinto che la tecnica sarebbe stata la chiave di volta per il progresso civile dell’umanità. Cattaneo sognava un’Italia unita e federale.
Va detto che i più importanti illuministi furono lombardi ma anche alcuni napoletani sono degni di menzione come Ferdinando Galliani nel Regno di Napoli che divenne tanto importante da diventare ambasciatore a Parigi, in particolare Galliani si occupò di economia. Gaetano Filangeri si occupò di questioni legislative. Nel  Regno di Napoli però, gli Illuministi poterono incidere poco sulla politica sociale, riuscirono a modificare poco anche le questioni amministrative.

Giuseppe Parini.
Nacque a Bosisio nel 1729; era di umili origini e compì gli studi grazie ad un lascito di una zia a patto di diventare sacerdote. La sua opera poetica è un inno all’uguaglianza e alla democrazia. Studiò presso i padri Barnabiti e la sua formazione fu di estrazione classica. Lo studio lo portò a scoprire la sua vocazione poetica che nel 1752 si tradusse in una prima opera che come forma e contenuto di fatto ricalcò l’Arcadia. Questa opera poetica si intitolava “ Alcune poesie di Ripano Epioli”. Questa raccolta ebbe un discreto successo , lo fece conoscere e gli consentì di entrare a far parte dell’Accademia dei Trasformati: intellettuali che stavano diventando illuministi. Anche Parini iniziò a far sue le idee illuministe.
Nel 1754 venne ordinato sacerdote e questo gli permise di fare un’esperienza fondamentale che sarà di ispirazione al suo capolavoro “Il Giorno”. Divenne precettore presso i Serbelloni e questa esperienza fu importante perché avvicinando una famiglia di aristocratici sviluppa sentimenti conflittuali: da una parte restò ammirato dal gusto, dall’eleganza, dai modi di quegli ambienti, ma ben presto questa animazione si trasformò in disprezzo perché si rese conto che in quel ambiente era tutta una finzione, l’aristocrazia era arrogante, sprezzante, frivola. All’ aristocrazia mancava la consapevolezza che esisteva una dura realtà all’esterno dei loro palazzi.
Il Parini si schierò dalla parte dei più deboli e ritenne che il suo compito fosse quello di tentare un’opera di rieducazione dell’aristocrazia.
La prima opera che il Parini scrisse a questo proposito fu “ Dialogo sopra la nobiltà”; si trattava di un fittizio dialogo che si svolgeva all’interno di un sepolcro fra un poeta e un nobile defunti. Genericamente il tono dell’opera era piuttosto vivace, sarcastico, ironico e divenne il pretesto per mettere in evidenza gli aspetti più degenerati dell’aristocrazia contrapposti alla voce del poeta illuminato.
Il dialogo venne scatenato dal diverbio polemico intrapreso dal nobile che manifestava il suo disappunto per essere stato sepolto in mezzo alle persone comuni. Il poeta gli rispose con ironia dicendo che da morti siamo tutti uguali, teoria cara agli illuminati che asserivano che gli uomini anche alla nascita erano tutti uguali.
Con quest’opera il Parini manifestò il principio della fratellanza fra gli uomini ed ebbe un grande successo in particolare con Maria Teresa d’Austria che lo volle a corte. Questa stima permise al Parini di assumere l’incarico della sovrintendenza alla istruzione e divenne uno dei più importanti redattori della “Gazzetta di Milano”; ottenne anche la cattedra presso il ginnasio delle Belle Arti.
Nei confronti della Rivoluzione francese ebbe un atteggiamento moderato e morì nel 1799 in condizioni economiche disagiate venendo sepolto in una fossa comune in virtù di alcuni provvedimenti emanati da Napoleone che prevedevano che i morti dovevano essere sepolti fuori dalla città.
Altra opera importante fu le “Odi” che avevano un contenuto fortemente illuminista, in particolare l’ode più famosa è “La caduta”
“La caduta” racconta in prima persona un episodio accadutogli, ovvero in una giornata d’inverno il vecchio Parini, camminando in modo incerto, scivolò e cadde per terra e questa caduta provocò l’ilarità di un giovane che però lo aiutò e riconoscendolo, gli fece un lungo discorso in cui sostanzialmente gli diceva “ ma come, sei Parini e sei caduto così in basso, senza nemmeno una carrozza per muoverti; tu devi andare a bussare alla porta di qualche aristocratico e impietosirlo, in fondo l’aristocrazia non aspetta altro che mettersi in pace la coscienza e poi vantarsi con gli altri per la buona azione. Tu Parini puoi andare a bussare alle porte che contano, anche a quella dell’Imperatore”.                    
 Parini però con sdegno gli rispose” ti ringrazio per l’aiuto ma il tuo consiglio mi offende, io non voglio tradire i miei principi di onestà” e indispettito, con il suo bastone se ne andò.
Il Parini utilizzò uno stile molto nuovo, sarcastico, satirico, realistico, ma quando voleva prendere in giro l’ozio, la frivolezza, la superficialità degli aristocratici, lo faceva con un linguaggio classicheggiante. Egli fu un riformatore perché usò tutto il suo genio per esercitare un’opera di riforma dei costumi dell’aristocrazia.
La sua opera principale “Il Giorno” fu iniziata nel 1763 e la stesura, nelle sue varie parti, durò fin quasi alla sua morte; è un poema satirico in endecasillabi sciolti dove viene raccontata una giornata tipica di un giovin signore, un rampollo dell’ aristocrazia. Viene raccontata ad un precettore che è la voce del Parini. Il racconto del giovane è centrato sulle cose superflue, egli è vanesio ed insulso.  Quello che il precettore racconta è un processo per insegnargli come essere alla moda, come comportarsi in certe occasioni, quali apparenza salvare.
L’opera è suddivisa in  quattro parti: il Mattino, il Mezzogiorno, il Vespro, la Notte; nella sua interezza appare un’opera frammentaria, proprio perché le diverse componenti sono state scritti in un lasso di tempo molto lungo. In particolare, dovendo dare un giudizio in merito, il Mattino ed il Mezzogiorno, sono le parti migliori nettamente superiori alle altre.
Il Mattino: viene descritto il tardo risveglio del giovin signore, nonché tutto il cerimoniale che sta alla base della sua prima colazione a cui segue un futile intrattenimento con i suoi precettori di ballo,canto, musica ecc. A ciò segue quello che il Parini chiama il rito della pettinatura e incipriatura e la vestizione. Segue poi l’uscita in carrozza con la sua dama di cui si dichiara cavalier servente.
Il Mezzogiorno: il nostro giovin signore è invitato a pranzo dalla sua dama. Gli invitati sono uno più vanesio ed insulso dell’altro ed il fatto più importante è l’episodio della Vergine Cuccia che diventa l’emblema corruzione e vuoto dei valori che caratterizza l’aristocrazia. A questa tavola è presente anche il marito della dama che, per salvare le apparenze, finge di non vedere l’atteggiamento del giovin signore con sua moglie.
Il Vespro. Nel tardo pomeriggio il giovin signore esce in carrozza per intrattenersi sul corso con gli altri suoi simili della “buona” società.
La Notte. Termina con  un grande ricevimento dato da una ricca signora annoiata dove una folla di ricchi aristocratici mette in evidenza le peggiori qualità dell’aristocrazia con discorsi banali, frivoli e con corteggiamenti.
In generale questa opera satira viene realizzata usando la tecnica del contrasto, mettendo a confronto il popolo e l’aristocrazia; al tempo stesso l’opera evidenzia uno stile molto ricercato e ricco di latinismi e riferimenti mitologici. Malgrado la spietata critica agli aristocratici il fine non è l’odio ma la riforma della stessa aristocrazia.   

Carlo Goldoni.
Sarà colui che riformerà il teatro: riformerà la commedia dell’arte e queste modifiche e cambiamenti saranno aspramente criticati.
Nacque a Venezia nel 1707, appartenne ad una grande borghesia ed i suoi studi furono di carattere giuridico, non avvennero in un'unica città in quanto il padre medico si spostava spesso e si laureerà a Padova. Si racconta di un episodio avvenuto a Pavia, che lo segnerà. Qui scrisse un pezzo di gusto satirico sulle donne pavesi e le descriveva come altezzose e provincialotte, questo pezzo causò la sua cacciata dall’università di Pavia.
Iniziò una positiva carriera di avvocato ma nel 1747 Goldoni decise di abbandonare la professione forense a favore di una totale dedizione al teatro.
Tre furono le sue tappe fondamentali.
1a tappa.  Dal 1748 al 1753 si legò al teatro Sant’ Angelo a Venezia dove venne assunto e dove scrisse alcune commedie importanti di cui due sono molto significative: La Bottega del caffè e
La Locandiera. In questo periodo Goldoni fu costretto a ascrivere ben 16 commedie dal capocomico Medebach e malgrado questi capolavori fu soggetto a feroci critiche.
 2a tappa. Nel 1753 abbandonò il teatro Sant’Angelo per il teatro San Luca dove restò fino al 1762 e continuò ad applicare le sue regole. Tra le commedie più importanti di questo periodo vi sono: Il Campiello, I Rusteghi, Il sior Todero brontolon  Ottenne un mix di successo e di critiche e vi fu da parte di Goldoni un senso di scoramento e incomprensione e decise di abbandonare Venezia e trasferirsi a Parigi convinto di trovare un  terreno più fertile per la sua riforma.
3a tappa. Dal 1763 al 1793 visse a Parigi dover divenne responsabile della commedia italiana. Anche in questo caso il clima non fu sempre favorevole. Una delle opere di questo periodo fu Il Ventaglio. In Francia scrisse anche Le Memorie opera nella quale mescolò arte e vita.
Nel 1789 scoppiò la Rivoluzione Francese ed essendo egli uno stipendiato di corte venne accusato di essere protetto dall’aristocrazia e cadde in disgrazia, morì povero a Parigi nel 1793.

La commedia dell’arte e la riforma di Goldoni.

Nacque nel Seicento in età barocca e mise in scena situazioni definite “cliché” cioè situazioni collaudate, stereotipate che si basavano su battute ad effetto capaci di stupire il pubblico a doppio senso, inoltre si basava su un canovaccio e gli attori vi costruivano situazioni stereotipate, scontate. Gli attori erano professionisti che interpretavano sempre se stessi ed indossavano le maschere.
Nel 1750 Goldoni pubblicò un saggio dal titolo “teatro comico”, in quest’opera vi è la frase” la commedia è la strada inventata per correggere i vizi e mettere in ridicolo i cattivi costumi”, questa frase ricorda molto il filo conduttore dell’azione del Parini operando però la riforma attraverso il teatro.
La riforma di Goldoni può essere sintetizzata in sei punti salienti.
  1. La commedia deve basarsi su di un testo scritto.
  2. Il testo deve essere scritto da un poeta.
  3. Gli attori che andranno in scena dovranno di volta in volta calarsi nei personaggi ben approfonditi e caratterizzati
  4. Al meraviglioso bisogna sostituire ciò che è semplice, naturale e vero, ovvero bisogna ispirarsi alla natura e a ciò che è secondo ragione.
  5. In generale Goldoni crea l’azione delle sue commedie dalla contrapposizione fra l’oziosa aristocrazia e la laboriosa borghesia, equilibrata e di buon senso.
  6. Goldoni fu il primo a trasformare il dialetto veneziano in una lingua d’arte.
Da buon illuminista, Goldoni ebbe piena fiducia nell’uomo e nella ragione umana e fu molto ottimista, di un ottimismo razionale; inoltre ebbe uno spirito fortemente pacifista e cosmopolita. Potremmo infine definire l’illuminismo del Goldoni un illuminismo popolano, infatti quando descrive i personaggi della borghesia predilige la piccola borghesia. La sua riforma ebbe difficoltà ad affermarsi perché chi andava a teatro era in prevalenza l’aristocrazia che si vedeva presa di mira.

Vittorio Alfieri.
 Era sicuramente un illuminista ma caratterialmente era già proiettato verso il preromanticismo. Per Alfieri vita e arte era un tutt’uno.  
Nacque ad Asti nel 1749 da una ricca famiglia aristocratica. Il trascorso della vita giovanile di Alfieri non è stata certo delle più felici. Aveva una sorella cui era molto legato; persero prematuramente il padre e la madre, ancora giovane, si risposò mandando la bambina in convento e il maschio in collegio: nell’Accademia Reale di Torino, una scuola esclusiva in cui oltre alla formazione scolastica i giovani venivano avviati alla carriera militare. Questi fatti vennero raccontati in un’opera autobiografica dal titolo “Vita”.
Finito il suo percorso formativo, ebbe parole feroci contro quell’accademia che accusò di essere obsoleta e antiformativa e si rifiutò di seguire la carriera militare.
Grazie alle sue ricchezze viaggiò molto in Europa soggiornando a Parigi e Londra ma in particolare si recò in Russia a Mosca, ma anche in Svezia e Danimarca. Questa frenesia mostra una profonda inquietudine, la voglia di emanciparsi e uno spirito anticonformista. Questo periodo di grandi viaggi si caratterizzò dalla lettura dei grandi classici italiani ed europei. Alfieri era un uomo prestante, con bei lineamenti, tenebroso e fece innamorare di se molte donne; il suo rapporto con l’amore però era molto complicato e non riusciva a stabilizzare i suoi rapporti.
Nel 1775 scrisse la sua prima tragedia: “Antonio e Cleopatra”che è quasi un esame di maturità. Viene rappresentato a Torino e rivestiva molti aspetti autobiografici in particolare nella figura di Antonio, nell’essere e nel dover essere.
Essere: quello che sono in realtà.
Dover essere: quello che dovrei essere per i doveri ed i compiti del mio ruolo.
Quest’opera ebbe un discreto successo e da quella tragedia in poi Alfieri visse una fase della sua vita di relativa tranquillità e pace interiore che durò fino a circa il 1780/1785.
Questo equilibrio gli derivò da alcuni fatti importanti.
·         Scelse di andare a vivere a Firenze a fianco della sua compagna , una donna illuminata, colta, materna, era la contessa  Luisa Stoldberg d’Albany, moglie di Carlo Eduardo Stuart pretendente al trono d’Inghilterra.
·         Decise di rinunciare a tutte le sue ricchezze che cedette alla sorella perché voleva raggiungere un equilibrio e una sana moralità e vedeva nella ricchezza un ostacolo a questo.
Grazie a tutto questo, l’Alfieri poté serenamente dedicarsi a scrivere i suoi capolavori: Saul e Mirra. A fianco di queste due tragedie scrisse due trattati illuminati: nel ‘77 scrisse “Della tirannide” e nel ’89 “Del principe e delle lettere”
Della tirannide” è un’opera in cui Alfieri si scaglia pesantemente contro ogni forma di tirannia. Egli individuò nella figura del tiranno un elemento tragico: egli deve ubbidire al suo dover essere tradendo il suo essere   e ciò comporta l’odio del popolo.
Del principe e delle lettere” è un corollario della prima riprende il tema della libertà e affronta il problema che esiste fra la libertà dell’intellettuale rispetto a una forma di governo che prevede la tirannia. Egli pensò che l’intellettuale doveva essere libero e doveva essere abolita ogni forma di sudditanza e di condizionamento dall’alto come il mecenatismo. L’intellettuale deve essere una voce critica nei confronti del potere, dove c’è dittatura non c’è libertà di critica. L’Alfieri si chiede” di chi ha maggior paura chi detiene il potere?”  Degli intellettuali perciò essi vengono censurati o condizionati.
Questi due trattati mettevano in risalto il grande conflitto che l’Alfieri aveva con la sua epoca che egli vedeva come un’epoca di il libertà.
L’ultima fase della vita dell’Alfieri fu più o meno in concomitanza con la Rivoluzione francese: nel 1784 era a Parigi e nel ’89 scoppiò la Rivoluzione che fu bene accolta da lui in quanto vi vedeva la realizzazione dei suoi aneliti di libertà; egli scrisse a questo proposito una ode celebrativa dal titolo: “ Ode a Parigi sbastigliata”  Ben presto vide nelle fasi convulse della rivoluzione la “strage delle illusioni” che segnavano il fallimento delle aspettative di libertà della Rivoluzione. Quel fallimento rivestì due aspetti nell’Alfieri: da un punto di vista letterario egli cominciò a scrivere opere di carattere satirico, commedie dove veniva fuori la sua disillusione. A questo proposito scrisse il Foscolo:” Gli ultimi anni di Vittorio Alfieri furono caratterizzati da un’alternanza di arrogante irascibilità e profonda malinconia”.  Morì nel 1803 e nel 1804 venne pubblicata postuma la “Vita” una sua autobiografia.
Le sue tragedie già ricordate sono Saul e Mirra. Scritte tra il 1775 e il 1786. In Saul il tema principale è l’odio verso Dio e in Mirra il tema è l’amore incestuoso di Mirra verso il padre.
Saul è una storia dell’Antico Testamento dove un principe guerriero aveva sconfitto i grandi nemici del popolo ebraico: i Filistei. Dopo la vittoria Saul venne scelto per diventare il primo re degli Ebrei. Saul avvertì di subire un complotto per favorire David, la figura eletta spiritualmente per guidare il popolo ebraico; a Saul quindi venne preferito David più giovane e leader morale, promesso sposo a sua figlia. Saul è lacerato dai conflitti interiori, vede nemici in tutti  e intorno a lui vi erano solo fasi amici che complottavano alle sue spalle; il vero mostro però era David conto cui dovette combattere. Quando Saul si accorse di odiare David e quindi di riflesso anche Dio, si suicidò.
Mirra è un’altra storia ispirata a racconti biblici, é una storia di un amore incestuoso che Mirra nutriva per il proprio padre, era un amore impossibile, inconfessabile, che da un punto di vista psicoanalitico nascondeva  l’incapacità di Mirra di amare. Questo segreto emerse quando Mirra venne promessa sposa  e prima di sposarsi confessò l’inconfessabile al suo futuro marito che si rifiutò di sposarla ed i genitori invece di farsi carico di quell’orrore allontanarono la figlia condannandola ad un grande dramma. Mirra si suicidò così come fece anche il suo promesso sposo. 
La Vita di Vittorio Alfieri è un’opera autobiografica in cui Alfieri si racconta attraverso episodi della sua vicenda personale, molto intimi e ricostruisce la sua formazione; si può dire che la Vita sia una tragedia, la sua.  
I grandi temi della sua poetica sono il bisogno di vivere una vita appassionata caratterizzata dal bisogno di “sentire fortemente” ossia essere sempre fortemente coinvolti in ciò che si vive, in ciò che si scrive, in ciò che si fa. In Alfieri c’è un forte individualismo che da una parte lo spinge a intraprendere battaglie eroiche e “titaniche” e dall’altra è condannato alla solitudine interiore.
Appartiene a una aristocrazia intellettuale e ha combattuto tutta la sua vita per affermare il diritto alla libertà: Politica e intellettuale; inoltre questa esperienza di libertà si trasformò in un forte spirito patriottico prerisorgimentale in quanto egli vagheggiò per tutta la sua esistenza il sogno di un’ Italia libera e unita.