venerdì 11 luglio 2014

La partita di calcio


Boccaccio era il portiere,
il gran portiere giallo
della squadra del quartiere.
Stava all'erta come un gallo

sulla porta del campetto
alla periferia.
Diceva: << Qua sul petto,
ed ogni palla è mia >>.

Ma quel giorno, chi lo sa,
sbuca di qua sbuca di là
- Boccaccio attento! - pa pa
la palla è in rete. << Ma va,
ma va, Boccaccio, è uno >>.

Attento, di qua di là,
passa non passa, tira.
Boccaccio si rigira;
si tuffa - passerà?-
<<Qui non passa nessuno >>,
ma la palla è nel sacco.

E son due. Lo smacco,
i fischi, e poi sotto...
<< Salta a pugno, Boccaccio,
ma non la vedi dov'è,
salta, salta...>> E son tre.

E quattro e cinque e sei.
- Boccaccio dove sei?-
E sette e otto e nove
e piove e piove e piove
con grandine e con tuoni. 

Quattordici palloni
nella rete di Boccaccio
poveretto poveraccio,
bianco come uno straccio
col berretto da fantino
ubriaco senza vino.

Quanti fischi! e poi << cretino >>,
<< pastafrolla >>, << posapiano >>,
<< tappabuchi >>, << moscardino! >>
Oh, quel povero Boccaccio
nella furia del baccano
si strappava i suoi capelli
e la folla dai cancelli
gli gridava: << Ancora, ancora >>.

Tutti tutti, ad uno ad uno
si strappò capelli e baffi
e poi schiaffi sopra schiaffi
si ridette per lezione.
Restò lì con la sua testa
tonda, liscia come palla.
<< Oh, son quindici con questa
- gli gridò dietro la folla -
tappabuchi, pastafrolla
vai a guardia d'un portone...! >>

E difatti il buon Boccaccio
col berretto e col gallone,
mani pronte e spazzolone,
oggi è a guardia d'un portone
dove passano persone
che fermare egli non può,
dieci venti cento e più.


Alfonso Gatto